G. Galilei, classe 5° CB

L'Istituto Tecnico Industriale "G. Galilei" occupa un intero blocco tra via Conte Verde, viale Manzoni, via Emanuele Filiberto e via Bixio, nei pressi della romanissima piazza Vittorio Emanuele. E' un edificio piuttosto imponente, quadrato, grigio, senza tanti fronzoli. Ha insomma tutte le caratteristiche necessarie per intimorire, già dall'esterno, chi ci debba entrare per la prima volta.

L'interno non è da meno. Varcato il grande e pesantissimo portone, si entra in un ambiente molto ampio con alti soffitti e lunghi corridoi. Le aule sono di una grandezza inusitata per gli attuali edifici scolastici, così come le officine e i laboratori.

Dunque, una scuola seria per studenti altrettanto seri e impegnati. In parte è vero, perché il Galilei godeva giustamente fama di istituto severo con un corpo insegnante preparato. Peccato che gli studenti, almeno per quanto riguarda la mia classe, la gloriosa 5° CB, non fossero serissimi. Anzi, diciamo che eravamo un po' discoli.

Però eravamo bravini e, soprattutto, umani, altrimenti non ci saremmo ritrovati più volte insieme dopo aver preso strade diverse.

Già, strade diverse.
Preso il diploma, il famoso pezzo di carta, la compagnia si è sciolta. Ognuno per sé e Dio per tutti. L'ingresso nel mondo del lavoro è avvenuto attraverso porte diverse, e, come in certe favole, ci si è trovati in mondi diversi. Prescindendo dalla possibilità individuale di scelta, la porta che ognuno di noi ha aperto ci ha condotto in realtà che probabilmente non avremmo mai immaginato durante gli studi. E ci siamo così resi conto di quanto diversa fosse la vita da quella che pensavamo di fare "da grandi".

E' incredibile constatare che pochissimi di noi svolgono attività veramente pertinenti il titolo di studio conseguito. Non è successo, per esempio, come negli istituti tecnici commerciali, i cui ex studenti fanno quasi tutti contabilità con la loro brava calcolatrice. Non me ne vogliano i ragionieri, ma almeno loro possono fregiarsi del loro titolo:
Rag. Rossi, Rag. Bianchi, Rag. Fantozzi...
Noi no, perché non esiste un'abbreviazione socialmente e legalmente approvata per Perito Industriale. E allora usiamo quella più popolare di Sig.: Sig. Rossi, Sig. Bianchi. Quasi quasi è pure meglio.

Personalmente, ricordo poche cose di quello che ho studiato, un po' per il tempo passato, un po' per mancanza di allenamento e di esercizio. Però so benissimo che un aereo, salvo rare eccezioni, vola sempre dalla parte della freccia.

Ma di quello che succedeva nella 5° classe di Costruzioni Aeronautiche Sez. B, per noi 5° CB, ricordo ancora praticamente tutto. E prima che lo dimentichi o che si distorcano le memorie, in occasione del venticinquesimo anniversario voglio provare a mettere nero su bianco alcuni di quei momenti, per me, bellissimi.

Spero di non annoiarvi. È certo che non succederà

di Luciano Calvani - 20/07/2005

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