La fame

Quando sei studente delle superiori, la fame è quel senso di vuoto che ti fa mangiare la tua colazione in tre secondi e, se riesci a fregarla, anche quella del tuo compagno, in due. L'ho fregato!!!

Se poi sei maschio in una classe di maschi e in un istituto di maschi, allora conosci anche un altro tipo di fame. Solo che questa non la plachi con un panino o due. Ci vuole ben altra cosa, che però non esisteva nella nostra classe.

In realtà, nel casermone del Galilei c'erano tracce di femmine: al primo piano, sede dell'Istituto d'Arte. La nostra fantasia, insieme con la rabbia, ci portava a immaginare lezioni di disegno dal vero con soggetti femminili a luci rosse, a tresche incredibili e a chissà quante altre cose la mente di un giovane assatanato può immaginare. Che roba....

E così, come la famosa volpe della favola di Fedro, ci consolavamo sperando che i maschietti dell'Istituto d'Arte fossero dei pessimi rappresentanti del sesso forte, anzi, a dirla tutta, delle vere e proprie checche dichiarate.

Comunque, per manifestare il nostro disprezzo verso quel mondo così "dissoluto", ogni tanto li bombardavamo con gavettoni d'acqua mentre passavano sul ballatoio che si affacciava sul cortile interno. Le bombe, mancando gli apposti palloncini di gomma, erano abilmente costruite con fogli da disegno piegati a cubo e riempiti d'acqua. Nell'urto la carta bagnata si rompeva istantaneamente, garantendo un effetto devastante. lo stesso ero diventato un bravo bombarolo, capace di preparare cubi da qualche litro. Mi dispiace moltissimo che mi sia dimenticato come si fa, altrimenti, chissà, qualche piccolo bombardamento lo farei volentieri ancora oggi.

In questa situazione, tutte le occasioni erano buone per... allenare la nostra vista, professoresse comprese. Facendo questa ammissione ci sarebbe da vergognarsi un bel po', visto che ora abbiamo più o meno l'età delle nostre vittime di allora. Ma chi non ha mai "apprezzato" certe qualità delle allora giovani nostre insegnanti?
Chi non lo ha fatto, o è un santo, oppure...Diavolo? NO...checca

Purtroppo, da questo punto di vista, la 5° CB non è mai stata molto fortunata, in quanto le professoresse erano in netta minoranza e, non me ne vogliano ovunque si trovino, non proprio da concorso di bellezza. L'unica speranza erano le mitiche supplenti, di cui si favoleggiavano cosce chilometriche e camicette trasparenti. Ma, come se non bastasse, le nostre titolari godevano di ottima salute.

Un giorno la professoressa di diritto, solitamente puntuale, tardava ad arrivare. Questa era una donna non eccessivamente attraente ma di gran classe e, tenendo fede alla materia di cui era docente, era l'unica fra tutti gli insegnanti che ci consentisse di fumare in classe. Oggi nessuno si sognerebbe di fare una cosa del genere, anche se per motivi diametralmente opposti a quelli di allora, ma era tuttavia un fatto eccezionale ed insolito.

Cosa fa lo schiavo quando lo liberi?
Letteralmente si scatena. E così noi nell'ora di diritto. Oltre alle nominali sigarette spuntava fuori di tutto: sigari avana e toscani, pipe normali, di schiuma, smontabili. Non so come qualcuno non abbia mai portato narghilè o esotici calumet della pace.

Così, la nostra democratica professoressa era in ritardo. A tal punto che il nostro capoclasse ''honoris causa" Germano Battistoni, con la sua faccia facciosa alla Charlie Brown un po' cresciuto, disse (con il suo timbro di voce alla Verdone): "A rega', vado a vede' perché 'a professoressa nun se vede". Ritornò pochi minuti dopo, interrompendo la nostra spontanea "ricreazione'' e disse: "A rega', dice che ce mannano 'na supplente, e pare pure che è bona. Che famo?"

E che altro c'era da fare, se non rendere "trasparente" la cattedra? Peggio dei diavoli

La cattedra, purtroppo, era vetusta, e quindi piuttosto legnosa e coriacea. Se fosse stata una di quelle più moderne, fatte di tubi di ferro e di pannelli di legno, sarebbe stato un gioco da bimbi dell'asilo togliere quattro viti e smontare il pannello "paracosce" anteriore. Ma la 5° CB era decisa a tutto, pur di sbirciare, gratis, qualcosa.

Senza sapere ancora nulla di organizzazione del lavoro e senza nessun accordo preliminare, si formarono spontaneamente due squadre: una, con appositi attrezzi prelevati dal laboratorio di falegnameria provvedeva ad "alleggerire" la vecchia cattedra. L'altra accostava tutti i banchi più avanti possibile, sia per migliorare la "veduta", sia per nascondere in qualche modo la mancanza della parete anteriore.

Eravamo tutti pronti al grande momento, quando, colpo di scena, entra la professoressa titolare. "Scusate il ritardo" disse andando dritta verso la cattedra. Non badò nemmeno ai mormorii di dispiacere per l'occasione mancata. Fece l'appello e poi, come al solito, ci autorizzò a fumare. Mai sigarette furono consumate e spente con una tanta violenza.

"Speriamo che non se ne accorge". Speriamo, speriamo, mormorava qualcuno. E invece, all'improvviso, nota qualcosa di strano: "Ma, ragazzi, come mai siete così vicini?"

E adesso come rispondi, eh?
Panico, silenzio, qualcuno che azzarda un mah, un beh. Ma, dato che la classe non è acqua, ecco Battistoni, il "papà" che salva tutti.

Si alza in piedi, praticamente riempiendo l'aria con la sua massa, e, con una faccia di travertino, se ne esce con una risposta degna della migliore tradizione comica romana:
"Professore' è che ci siamo avvicinati perché vogliamo tutti pendere dal suo labbro."

Non è successo niente di niente, ma non sapremo mai se la nostra professoressa, esibitrice involontaria delle proprie gambe, ci abbia creduto. Mi sa' di no!

di Luciano Calvani - 21/07/2005

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