Macchine

Questo termine generico non sta ad indicare né le automobili, né le macchine usate dalle sarte. Nel nostro caso è il nomignolo per “Termodinamica applicata alle macchine”, ossia la fisica dei motori a scoppio e a vapore, delle turbine e dei marchingegni che trasformano l’energia dei combustibili in energia meccanica.

Occorre riconoscere che è una materia affascinante ed utile per il progresso tecnologico; senza i suoi frutti ci muoveremmo ancora a piedi o grazie a cavalli e buoi. Il successo che essa ha ottenuto nel mondo è tale che l’uomo, dopo millenni di fatica fisica propria o inflitta agli animali domestici e agli schiavi, non riesce più a farne a meno.

L’uomo italico è quello che al mondo l’ha apprezzata di più, tanto da non riuscire a farne a meno nemmeno per girare dietro l’angolo di casa. Egli riesce perfino ad amare il proprio mezzo motorizzato ancora più passionalmente della propria donna. Come dire: se proprio devi farmi un dispetto, fammelo con mia moglie, ma non azzardarti a toccare la mia macchina.

Al riguardo, il nostro insegnante era l’Ing. Bettoni, già ricordato nell’episodio “Cazzelli Primo”. Preparato e competente non riusciva però ad esercitare il mestiere di insegnante nel modo tradizionale. Essendo un teorico, badava esclusivamente a fare lezioni e interrogazioni senza “imbrigliare” in qualche modo quella banda di monellacci che eravamo noi. Sapendo che difficilmente avrebbe usato il guanto di ferro con noi, vi lascio immaginare quello che poteva spesso accadere durante le sue lezioni.

Si badi bene: non era una mancanza di rispetto per lui, era semplicemente l’indole studentesca che veniva fuori quando si allentavano i freni.

E così capitò che un giorno Flavio Benincasa (quello della scuola per maestre giardiniere…) ebbe la balzana idea di giocherellare con uno scacciapensieri rimediato chissà dove. Fin qui sarebbe stata una pierinata qualsiasi. Ma il nostro, nascosto diabolicamente dietro le spalle di Tonino Granata, si era messo a strimpellare allegramente il metallico e mafioso strumento mentre l’Ing. Bettoni declamava di adiabatiche e isometriche (consultare l’Enciclopedia Britannica alle voci adiabatic & isometric, non mi ricordo niente), in piedi con la mano sul mento e lo sguardo perso sulla parte alta della parete di fronte.

Benincasa andò avanti imperterrito con il suo concerto finché il Bettoni, che cominciava a spazientirsi, finalmente reagì:

“Granata, smettila!”

Il quale ovviamente se la prese con lo sghignazzante musicista.
Breve pausa e il concerto riprende.

Sproing, sproing, spring, sprang…....

Lo scacciapensieri sarà pure uno strumento tradizionale simpatico, ricorda i canti e i balli popolari del sud, e pure i bellissimi western di Sergio Leone. Dopo un po’ però perde fascino e colore folkloristico e, specialmente se suonato da un incompetente come il nostro Flavio, diventa veramente insopportabile.

“Granata, piantala!”

Giustamente Tonino, che comunque non era sempre un santarello, negava e se la prendeva con il sempre più divertito Benincasa.
Altro giro, altra corsa.

Sproing, spring, spring, spreng…..
“Granata, fuori!!”
urlò, ma piano, il Bettoni.

Il cainesco Benincasa si era divertito un mondo, Granata no.

L’ultimo anno di scuola, quello degli esami di diploma, c’era chi aveva scelto Macchine come materia d’esame e chi no. A questi ultimi della lezione non fregava ovviamente nulla, mentre i primi almeno un pochino dovevano seguire, anche perché, in mancanza di libri di testo specifici, si doveva studiare sugli appunti scritti in classe.

Lo stoico Ing. Bettoni, sempre in piedi, la mano sul mento e lo sguardo perso sulla parte alta della parete di fronte, spiegava dottamente i cicli Otto, Diesel, Carnot, mentre un po’ più in basso al suo sguardo, più che una classe di studenti, c’era un circolo ricreativo: chi conversava amabilmente, chi canticchiava, chi fischiettava, chi giocava.

“4E!” ...... “Colpito!”

Altro che scacciapensieri! Un altro qualsiasi al posto del Bettoni sarebbe scoppiato, prima o poi. Lui no.

Quella volta al posto suo scoppiò Michele Bozza, il quale, come avrete capito, era uno di quelli che aveva scelto Macchine per gli esami. Intento a scrivere furiosamente appunti, mentre il professore parlava dall’alto del suo mondo fatto di compressioni ed espansioni, con tutto quel casino non riusciva ormai più a capire qualcosa.

Penna nella mano destra, sguardo sul quaderno, mano ad imbuto sull’orecchio sinistro per sentire meglio, il nostro Michele non ce la faceva più:

“Che ha detto? Professo’, può ripetere? Nun riesco a senti’ bene!”

Una situazione veramente tragicomica. Davanti il prof che continuava a declamare sempre con lo sguardo perso, dietro quella specie di “dopolavoro” rumoroso, in mezzo Michele Bozza e qualcun altro.

Ad un certo punto, il tranquillo cittadino Bozza si ribella.

Si alza improvvisamente in piedi dal posto di prima fila che occupava, e, rivolto all’assente Bettoni, ordina perentoriamente:

“Fermo un attimo, professo’!”

Quindi, si volta verso i festanti compagni e, con tutta la voce che aveva in corpo, li esorta ad essere un pochino meno rumorosi:

“Aooooooooooooooh!!! Ma volete sta’ zitti??!! Non capisco più un c…..!!!!”

La sorpresa fu tale che, in effetti, per qualche secondo stettero tutti zitti, Bettoni compreso. Il quale si era improvvisamente svegliato dalla sua trance didattica e finalmente guardava in basso, verso la Terra, dove c’era la plebe festante.

Bozza, soddisfatto, si sedette e, guardando Bettoni negli occhi, sussurrò qualcosa di simile a “Prego….”

Ma la tregua durò il tempo di un amen, e tutto ricominciò come prima: il Bettoni a spiegare, con la mano sul mento e lo sguardo perso, Michele a prendere appunti e con la mano ad imbuto sull’orecchio, i “dopolavoristi” a giocare e chiacchierare.

E’ un po’ come la storia dell’umanità: nell’inarrestabile tran-tran quotidiano ogni tanto c’è una rivolta, un sussulto, ma poi tutto torna come prima.

di Luciano Calvani - 09/11/2005

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