Supplì - atto secondo

I supplì sono buoni caldi, con i chicchi di riso ben separati e la mozzarella che FILA.
Se sono freddi, i chicchi di riso si incollano insieme, la mozzarella è solida e NON FILA. Non hanno più lo stesso sapore che avevano quando erano caldi, e sono anche meno digeribili. Insomma, diventano pesanti e quasi inutili.

E' vero, lo sanno tutti. Altrimenti che supplì sono?
Ed allora a che serve questa filosofia da rosticceria?
Serve, state tranquilli, e lo vedrete più avanti.

La lettera "C" di 5° CB sta per "Costruzioni Aeronautiche", e quindi noi dovevamo studiare il perché e il percome degli aeroplani, i quali, con la sola eccezione degli alianti e dei rari velivoli a volo muscolare, hanno bisogno di motori per poter volare.
Di conseguenza, tra le tante materie tecniche, ce ne era una espressamente dedicata agli aspetti pratici della tecnica motoristica: Motori, per l'appunto.

Le lezioni si svolgevano in una delle officine della scuola, opportunamente attrezzata con autentici motori d'aviazione e da autotrazione, di cui alcuni erano stati sezionati per renderne visibili le parti interne. C'era anche una piccola aula per le lezioni teoriche ricavata in un angolo del grande locale, con grandi disegni appesi al muro. Di fianco ai normali banchi era stata collocata una piccola scalea di panche, curiosamente simile alle tribune che di solito si trovano nei campi di tennis.

Il nostro insegnante era il prof. Vittucci, un romanaccio longilineo e piuttosto alto. Quando parlava aveva l'abitudine di passarsi continuamente, a bocca chiusa, la lingua tra i denti e le labbra, come se avese avuto sempre qualcosa da rimuovere dalle gengive, oppure una fastidiosa dentiera traballante. Anche se il motivo di questa specie di tic è rimasto sempre un mistero, il tutto contribuiva a rendere molto umano il nostro watusso bianco.

Il suo modo di dialogare con noi, poi, era semplicemente pittoresco. Tanto per fare un esempio, quando ci voltava le spalle per usare la lavagna e si accorgeva che qualcuno stava parlottando, era capace di voltarsi di scatto, chinarsi, allungare un braccio con l'indice puntato verso uno dei colpevoli, un po' come fanno i cani da caccia quando puntano, e urlare: "Tana! T'ho visto!".

Il Vittucci ci teneva molto, giustamente, al suo lavoro e alla nostra attenzione; per cui si inquietava un bel po' se qualcosa andava storto per colpa nostra.
Come quel giorno in cui, durante la dimostrazione pratica della messa in fase di un glorioso motore Isotta Fraschini degli anni venti, Gargotich, pur di non sporcare il pavimento dell'officina, infilò la carta appallottolata della sua pizza da mezzo chilo appena divorata in uno degli scarichi del suddetto motore.
Vittucci, proprio in quel momento, stava spingendo sul moncone dell'elica per far girare l'asse del motore dì quel tanto che bastava per terminare la messa in fase.
Peccato, però, che la palla di carta si era messa proprio tra uno dei pistoni e la camera di scoppio, bloccando il motore e rendendo inutili tutti gli sforzi che il povero prof stava facendo.
Mugugnando qualcosa si mise a ispezionare il motore e, ovviamente, scoprì presto il motivo di tanta resistenza.
Estratta la palla di carta gli ci volle ben poco per scoprire il reo, perché era l'unico che aveva le guance ancora gonfie di cibo. Altri insegnanti avrebbero probabilmente infierito sul nostro compagno chissà come, ma a Vittucci bastò fare un sonoro e colorito cazziatone.

Certi gustosissimi film italiani degli anni cinquanta ambientati a Roma sono diventati leggendari anche per certe battute eccezionalmente efficaci e divertenti. La bravura degli sceneggiatori e degli attori è ancora più grande quando si pensa che sono riusciti a far ridere generazioni di italiani senza cadere nel turpiloquio, come invece sembra necessario oggi.

Qualche volta sembrava che Vittucci fosse uscito proprio da uno di questi film, come quel giorno che S.A. non riusciva a capire il fenomeno del fuorigiri del motore. leggete e capirete

L'argomento che originò la vicenda è piuttosto tecnico, e quindi chi non ha qualche conoscenza di motori a scoppio o non ricorda la materia (come me) potrebbe pensare di non riuscire a cogliere l'aspetto comico. Ma la vera essenza del fatto, come vedremo, sta nel dialogo tra insegnante e allievo, condito dalla ricca mimica del primo.

Ordunque, quella mattina il buon Vittucci si accinse a spiegare l'importante fenomeno motoristico facendo un bel disegno sulla lavagna: albero a cammes, asta di rinvio, bilanciere, valvola, camera di scoppio. Poi, aiutandosi con la sua lunga bacchetta, attaccò a spiegare.

"Qui c'è l'albero a cammes (pronuncia romanesca: "cammese"). Quando l'eccentrico gira, spinge l'asta su in alto, il bilanciere a sua volta spinge sulla testa della valvola che si apre. Quando l'eccentrico passa dall'altra parte, la molle spingono indietro valvola, bilanciere e asta. E' chiaro?''

"Sììì", risposero tutti. Tutti avevano capito

"Quando la velocità del motore aumenta, anche l'albero a cammes gira più forte, e quindi la valvola si apre e si chiude più velocemente. Se il motore gira troppo forte, le molle non fanno in tempo a rimandare indietro la valvola e tutto il resto, e quindi l'asta rimane quasi sospesa per aria. La valvola resta aperta, parte della miscela se ne va via non bruciata e perciò la potenza del motore diminuisce anziché aumentare. E' chiaro?''

"Sììì." Come sopra

"No, 'ngegne'. Io non ho capito." E te pareva

La voce di S.A. bloccò Vittucci, che ripetè passo passo quello che aveva detto.

"Adesso è chiaro?" Si stava agitando

Altro cenno negativo. Altra ripetizione.

"E adesso, giovino'?" Sempre più preoccupato

Alla nuova sconfortante negazione Vittucci passò alla dimostrazione pratica. Ponendosi la bacchetta di legno a perpendicolo sulla testa disse:
"Guarda, io sono l'albero a cammes, e faccio su e giù, e spingo l'asta.", mentre, tra l'ilarità generale, muoveva tutto il corpo a stantuffo.

"Sopra l'asta c'è il bilanciere, e poi la valvola. Chiaro?"

Accelerando furiosamente il movimento a stantuffo aggiunse:
"Se vado più veloce, l'asta non ce la fa a tornare giù, e rimane sospesa per aria. Vedi? Vedi?"

S.A. in piedi era rigido come una statua, mentre Vittucci stantuffava sempre più velocemente con la bacchetta sospesa in verticale sopra la sua testa.

"Hai capito adesso, eh, giovino'?!''

"No.", rispose con un filo di voce S.A.. Dramma.....

A questo punto il "motore" Vittucci si fermò, come se avesse fuso o finito la benzina. Si appoggiò pesantemente con le braccia sulla scrivania, si passò una mano sulla fronte e sugli occhi e, infine, disse la frase del secolo:

"Giovino', te me sai che c'hai un SUPPLI' al posto del cervello.
E   M A N C O   T E   F I L A !"

Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Vittorio Gassmann, Nino Manfredi e altri eroi di quei meravigliosi film in bianco e nero andarono tutti a nascondersi per cinque minuti all'angoletto.

di Luciano Calvani - 21/07/2005

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